di Giovanni Pivetta
3 Aprile 2016
Il futuro è rinnovabile, trivellare è inutile
Il futuro è rinnovabile, trivellare è inutile, dannoso e antieconomico

Trivellare è un rischio inutile e ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili non sarà facile né a buon mercato, ma sarà un passaggio cruciale. Fermare le trivellazioni è un passo in quella direzione oltretutto di cosa stiamo parlando, dell’1% di petrolio e del 2% di gas estratto dalle piattaforme offshore entro le 12 miglia e solo il 7% del gas viaggia su navi, il resto tramite gasdotti.

Caos, falsificazione di notizie e depistaggio informativo regnano sovrani nell’industria fossile, la fabbrica della corruzione mondiale – un’inchiesta circostanziata dell’Huffington Post. In Italia, 44 sono le concessioni per la trivellazione (39 per il gas e 5 per il petrolio) e i permessi già rilasciati solo 12. Le concessioni scadranno entro il 2025, nell’intero comparto – mare e terra – ci sono 34mila lavoratori secondo i dati dell’Unione petrolifera aggiornati al 2010 quindi c’è anche il tempo per gestire l’aspetto occupazionale con la prevalenza del Sì al Referendum del 17 aprile.

«Fermare le trivelle è ideologico – ha dichiarato il Ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti – se vogliamo evitare di trivellare dobbiamo puntare sull’economia sostenibile». Ma se non ora quando daremo un segnale politico forte per la rottamazione del sistema energetico attuale?
Ma soprattutto di cosa stiamo parlando… L’Unione Europea tutta deve importare il 50% di energia primaria, petrolio e gas, per far fronte all’approvvigionamento energetico e soddisfare i consumi del fabbisogno interno. E se ne produce sempre meno internamente, all’UE, vuoi per l’esaurimento delle fonti di materie prime e vuoi perché i produttori giudicano antieconomico lo sfruttamento delle limitate risorse disponibili.

L’Italia dipende dall’estero per il 75% del proprio fabbisogno

Considerando sia i combustibili sia l’energia elettrica importata, l’Italia dipende dall’estero per circa il 75% del proprio fabbisogno lordo annuo. In particolare, sul totale dei consumi primari europei il gas naturale conta per il 26 per cento; per l’Italia questo rapporto sale fino al 37 per cento. Nei settori di consumo finale, la dipendenza dal gas è di circa il 23 per cento in Europa e raggiunge il 30 per cento in Italia.

L’Italia per il gas dipende per quasi il 50% dalla Russia, il 20% dall’Algeria e il 10% dalla Libia; per il petrolio dipende per il 40% dai Paesi dell’ex-Urss, il 25% dal Medioriente un altro 25% proviene dall’Africa.

Tuttavia, va osservato che, anche modificando il mix energetico, non sono possibili sostanziali variazioni di questa percentuale: che si parli di carbone, petrolio, uranio o metano, le riserve italiane sono comunque molto inferiori al fabbisogno, per cui l’approvvigionamento avverrebbe comunque principalmente dall’estero. In pratica, l’unica modalità di generazione dell’energia che potrebbe realmente considerarsi “interna” è quella che fa affidamento sulle fonti rinnovabili. Questa situazione è comune alla gran parte dei paesi europei, dipendenti comunque da paesi extraeuropei per l’importazione di idrocarburi o uranio.

Perché importiamo energia elettrica se non servirebbe?

In Italia la produzione di energia elettrica avviene a partire dall’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili (i combustibili fossili quali gas naturale, carbone e petrolio in gran parte importati dall’estero) e in misura sempre più rilevante con fonti rinnovabili (come lo sfruttamento dell’energia geotermica, dell’energia idroelettrica, dell’energia eolica, delle biomasse e dell’energia solare); il restante fabbisogno elettrico (il 14,1% dei consumi totali nel 2014) viene soddisfatto con l’acquisto di energia elettrica dall’estero, trasportata nel paese attraverso l’utilizzo di elettrodotti e diffusa tramite la rete di trasmissione e la rete di distribuzione elettrica.

Per quanto riguarda la potenza installata (ovvero la potenza massima erogabile dalle centrali), l’Italia è tecnicamente autosufficiente; le centrali esistenti a tutto il 2012 sono infatti in grado di erogare una potenza massima netta di circa 124 GW contro una richiesta massima storica di circa 56,8 GW.

Nonostante, come precisato, il parco centrali italiano sia in grado di coprire il fabbisogno interno, l’Italia è stata il primo paese al mondo per importazione netta di energia elettrica in valore assoluto.
Ci pare palese che le scelte strategiche anche in materia di energia primaria dovrebbero essere fatte da un’Unione Europea che non è ancora nata.

Fonti: Eurostat, Ministero dello Sviluppo economico, Unione Petrolifera.

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